Il comitato "Un'opportunità per Teano", sin dal momento della sua nascita, ha utilizzato come cuore della propria proposta amministrativa lo slogan: "Trasparenza, rinnovamento, interesse pubblico". Naturalmente, in questo particolare momento pre-elettorale, quasi tutti i candidati e i loro supporters stanno urlando a squarciagola più o meno gli stessi concetti, cercando di appuntarsi sul petto la medaglia più vistosa.
Il problema, però, è capire se, alle dichiarazioni solenni, si ha il coraggio di far seguire delle azioni e dei comportamenti concordi. Non voglio ancora parlare del dopo, cioè del modo in cui queste tre paroline magiche dovranno tradursi in azioni di governo tangibili e concrete, ma vorrei soltanto provare a capire se, già in questa fase competitiva, i diversi gruppi, già più o meno identificati, stiano operando in tal senso oppure se ad una giusta predica stiano contrapponendo il "solito" razzolare.
Il comitato "Un'opportunità per Teano" ha già
dichiarato, come indicazione di vero rinnovamento, che nella propria lista
elettorale non saranno presenti i cosiddetti "candidati eletti", cioè
i consiglieri comunali del recente passato. Scelta forte ma inequivoca, che ha
il pregio di arrivare chiara a tutti, anche se non è detto che sia condivisa da
tutti.
Cosa accade negli altri lidi?
Alcuni hanno già individuato come proprio candidato sindaco
persone che calcano le scene oramai da anni, dopo aver saltellato di qua e di
là nei passati schieramenti. Oggi però questi stessi ci tengono a marcare le
distanze, ad evidenziare le differenze, a non ricordare le passate esperienze e
a sottolineare i "se" e i "ma". Per questi non c'è altro da
aggiungere. A mio parere, è evidente che siamo in presenza di una vera
operazione di "restauro", mascherata e spacciata maldestramente per
"rinnovamento".
Qualcun altro ha avviato un "rinnovamento
condizionato", dove alcuni "impresentabili" - a loro dire - sono
stati segati, altri, invece, sono stati "graziati". Quello che
continua a non essermi chiaro è il criterio scelto, specie quando i
"salvati" hanno ricoperto ruoli di primissimo piano nelle passate
amministrazioni e, quindi, hanno forse qualcosa in più da farsi perdonare. A
tal proposito, penso, invece, che quando si inizia a rivoltare la terra,
bisogna zapparla tutta e a fondo, per dare modo alle nuove piante di crescere
bene e vigorose. Se, invece, si opera diversamente si corre il rischio di far
appassire tutto e di avere intorno a sé un deserto arido o una palude insicura.
Qualche gruppo sembra tormentato dal dubbio di non poter
rinunciare ad alcuni "calibri da 90", non fosse altro che, poi,
questi potrebbero andare a rinforzare le schiere avversarie. Allora tentano di
purificarli romanzando delle loro storiche battaglie contro il solito
"tiranno", cercano di giustificarli "perché di più proprio non
potevano", si convincono di poterli accettare "tanto poi staranno
buoni", come hanno già fatto in passato, in cambio di qualche piccola
concessione al territorio da loro rappresentato. Ma anche qui rilevo che il
passato non ha insegnato niente, perché in realtà l'unico loro obbiettivo è
vincere, non è anche quello di creare una squadra compatta per amministrare. Io
penso che, anche in questo caso, non c'è proprio nulla di realmente nuovo sotto
il sole: non si crede al rinnovamento, ma lo si sbandiera senza averne nemmeno
la forza e, per scimmiottarlo, ci si limita ad immolare qualche persona nuova
per sdoganare ancora una volta i soliti noti.
Ma il rinnovamento non è fatto solo di persone, ma anche di
modi e di comportamenti.
Il comitato "Un'opportunità per Teano" ha scelto
di effettuare un taglio netto con il passato. I problemi e le loro soluzioni si
discutono tra la gente, ci si confronta con chi da anni conosce e studia il
territorio, si aprono le porte della sede a chiunque voglia dialogare (anche a
chi - per ora - ha dichiarato l'appartenenza ad altri gruppi), si scende per
strada mostrando la faccia e manifestando le idee, si parla e si sollecita, con
garbo, la partecipazione. La redazione definitiva del programma sarà
partecipata a tutti gli interessati, saranno ben accette le osservazioni e i rilievi critici. Si cerca di attuare da
subito, in modo semplice e concreto, il concetto di "democrazia
partecipata", passando dalla teoria alla pratica.
Anche in questo caso si ė fatta una scelta, forse temeraria,
ma comunque si cerca di dimostrare che diversamente si può.
Dall'altra parte sembra che ancora tutto taccia, se non
qualche timido convegno, ostico per la maggioranza dei cittadini, che attinge a
piene mani alla solita nomenclatura di partito. C'è da meravigliarsi?
Assolutamente no.
Ancora una volta le decisioni probabilmente saranno prese
tra quattro mura alla presenza delle solite e necessarie comparse. Per cercare
di comprendere, mi sforzo di ragionare con una testa non mia e immagino che si
stiano facendo una sola domanda: "Perché abbandonare la strada vecchia per
la via nuova? È andata sempre bene. Funzionerà ancora."... È proprio
questo che mi preoccupa! Anche stavolta ci si trastullerà con la solita
collezione di figurine, organizzando "solo" sulla carta squadre
vincenti ed esercitandosi a più non posso nell'aritmetica delle addizioni.
Naturalmente spero di sbagliarmi, spero che potremo confrontarci lealmente e
vigorosamente con candidati ricchi di idee, spero che la dialettica elettorale
produca soluzioni semplici a problemi storici. Uno scenario rinnovato ce lo
meritiamo tutti, lo dobbiamo alla nostra gente.
In conclusione di questa prima parte di riflessioni, mi
ricordo la confidenza fattami qualche giorno fa da un esponente politico
locale, il quale mi ha raccontato che, in un passato consiglio comunale, aveva
invitato tutti i componenti a non ripresentarsi alle prossime elezioni,
seguendo il suo esempio. Alla luce dei ragionamenti ascoltati in questi ultimi
mesi e alle lezioni di "politica" che mi sono state impartite da chi
è "esperto" della materia, devo concludere che, al suono di quelle
parole, molti consiglieri avranno, in cuor loro, dato del talebano,
dell'integralista (epiteti a me molto familiari) ad una persona che aveva
invece osato usare solo del semplice e comune
"buon senso".